Mercoledì 7 febbraio ci ha lasciato Giuseppe Falco, non solo un caro amico alpino, ma un alpino con la A maiuscola, l’ultimo reduce della Granda, un testimone della più triste vicenda che aveva distrutto una generazione di giovani delle nostre vallate.
Uomo semplice, ma pieno di umanità ha dedicato molto tempo della sua vita a raccontare e condividere la sua triste storia, prima coi gruppi Alpini e poi nelle scuole coi ragazzi, concludendo sempre i suoi interventi pieni di calore, di passione e di dolore con un “mai più la guerra”, lasciando coloro che lo ascoltavano pieni di commozione.
Beppe ha dato così voce a quei 14.500 ragazzi caduti nel gelo russo, rimasti senza voce. Beppe col suo raccontare non ha fatto tornare i suoi compagni, ma ha dato loro dignità, la stessa che lo stato, che li aveva mandati a morire, a fare una guerra assurda, aveva loro negato cercando addirittura di nasconderli alla vista della popolazione, quando finalmente erano riusciti con fatica “a tornare a baita con un fisico sfatto e lerci”.
E spero di non sbagliarmi nel dire che Beppe, coi suoi racconti, ha dato in qualche modo consolazione a tutte quelle madri che hanno atteso tutta la loro vita il ritorno dei loro figli.
Un ricordo caro è quando ti salutavamo, e tu rispondevi “Ma mi, i son pà gnun; tuti a me saluto, ma mi i-j conosso pa, i l’hai pa fàit gnente!”.
Grazie per le tue testimonianze emozionanti, coinvolgenti… a Caraglio, quando ti ho ascoltato l’ultima volta, mi hai riempito il cuore di commozione e gli occhi di lacrime.
Adesso riposa sereno, dopo questa lunga lunga marcia.
Pietro Paolo Aimar, Capogruppo Cervasca